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Se potessi esprimermi con le parole lo farei


“Se potessi esprimermi con le parole lo farei, invece dipingo.
Dipingere per me è meditare in silenzio. Potrei paragonare i mie quadri a dei mandala. Non mi servono quei falsi intellettualismi su cui si arrampicano tanti artisti della mia generazione: artista si è e per “essere” io entro nella materia. Per questo la mia sintesi è essenza e materia.

Cos’altro serve dire?
Serve dire che voglio rappresentare ciò che è oltre l’apparenza dettato dall’esperienza sensoriale? Descrivere in modo minuzioso il processo che mi ha portato a dipingere un quadro ispirato ad un paesaggio per entrare in quel meccanismo in cui l’essere umano entra in empatia con la natura, la fa propria fino ad astrarla? Uscire, evadere, dalla rappresentazione oggettiva in favore dei propri sentimenti? Indubbiamente sono una pittrice astratta-metafisica ma che proviene dal romanticismo e che è innamorata della luce leonardesca; lo devo dire per affermare la mia provenienza culturale? Forse basta il mio passaporto. Ma il mio modo di sentire va oltre questi schematici intellettualismi ricercati e tanto ben definiti.
Picasso dice che dipingere è il mestiere di un cieco. Egli non dipinge ciò che vede ma, ciò che pensa, cosa dice a se stesso per ciò che ha visto.
Basta mettersi in ascolto.
E le persone questo lo sanno.
Per dipingere non servono parole. Il mio approccio alla materia va oltre. È un modo più semplice e sottile.
C’è chi le cose le dice, c’è chi le sa, c’è chi le vive. Le mie opere sono vissute e percepite come dei mandala perché costruite sull’archetipo dell’ordine interiore. Sono composti su schemi geometrici ben precisi che poi deflagrano, esplodono, per poi ricomporsi in un ordine compensatorio dimostrando l’inafferrabile relatività della vita.

Il cerchio rappresenta il mondo spirituale mentre il quadrato quello dell’uomo e della terra. Per quanto riguarda la geometria delle forme e il loro dialogo sulla tela mi rifaccio in parte alle idee espresse da Kandinskij nel suo Punto Linea Superficie.
La tela, che solitamente è di forma quadrata, è racchiusa idealmente da un cerchio che ne tange gli angoli. La prima traccia segnata sulla superficie è una linea nera: una linea che urla silenziosa e funge da orizzonte; dopo aver individuato il centro (un quadrato interno), quattro rettangoli scompongono la tela partendo dai lati del quadrato/nucleo interno verso l’esterno per poi scomporsi ed esplodere. I rettangoli, inseguendosi in senso orario o antiorario, creano così una sorta di vortice/spirale che accompagna chi osserva in un percorso che dalla superficie dell’opera porta in profondità, penetrando i vari strati della materia grazie ad un effetto prospettico. Per quanto concerne la prospettiva, invece, c’è la volontà di eliminare la predominanza dello sguardo rivolto al centro creando un secondo punto focale con l’utilizzo di un colore che attiri su di sé l’attenzione dello spettatore (spesso il rosso o l’arancione).

Approfondendo ulteriormente l’analisi si riesce ad individuare, alla radice, una sorta di struttura geometrica originaria, ricorrente nelle simbologie di tradizioni culturali anche antitetiche, che seppur  rielaborata e “camuffata” nei più svariati modi e adattata ai più diversi significati, è però presente a livello arcaico e archetipico nella storia dell’umanità.
In sintesi, alcuni elementi generalmente presenti (in tutti gli uomini al di là della diversa cultura), appartengono alla struttura mentale dell’individuo e diventano per questa caratteristica linguaggio universale. In sostanza lavoro con un linguaggio collettivo ossia universale e non individuale: è il deposito di esperienze ataviche a produrre rappresentazioni simboliche. Senza presunzione… non ho la pretesa che le mie opere siano recepite come tali, ma che per lo meno lo siano le loro potenzialità.

Come mandala, i miei quadri contengono una divisione minima quaternaria e confluiscono in un centro, divenendo rappresentazione archetipica della totalità con l’idea dell’esistenza di un centro, il Sé, al quale tutto confluisce e dal quale viene ordinato, divenendo al tempo stesso fonte di energia ed Essenza.
Sulla tela viene rappresentata la massima espressione di un conflitto interiore che conduce alla coscienza di sé attraverso una continua ricerca alchemica, implicitamente intesa come esperienza di crescita e processo di liberazione personale.


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